giovedì 14 maggio 2009

Il settimo sigillo di Ingmar Bergman


Title: Il settimo sigillo
Director: Ingmar Bergman
Years: 1956
Genre: Drammatico


Il cavaliere Antonius Block, di ritorno dalle crociate in compagnia del fedele scudiero Jons, sul proprio cammino si imbatte nella Morte, che è venuta a prendere la sua anima; per guadagnare tempo, Block sfida la Morte ad una partita a scacchi, mettendo in palio la sua stessa vita. Intanto, durante il viaggio verso casa il cavaliere si imbatte in un’umile famiglia di saltimbanchi e decide di scortarli fino al proprio castello.
Presentato al Festival di Cannes nel 1957, Il settimo sigillo è stato il primo grande successo internazionale del mitico regista svedese Ingmar Bergman, l’opera che l’ha consacrato presso la critica e il pubblico come uno dei maggiori cineasti della nostra epoca. Tratto da un atto unico teatrale scritto dallo stesso Bergman, Pittura sul legno, e girato a basso costo in appena un mese, il film (il cui titolo è tratto da un verso dell’Apocalisse, riferito all’apertura dei sette sigilli nel giorno del Giudizio Universale) è entrato nell’immaginario collettivo soprattutto per la celeberrima partita a scacchi tra il protagonista e la Morte, rappresentata come una sinistra figura incappucciata e avvolta in un lungo mantello nero, secondo la tradizionale iconografia medievale; una scena cult che diventerà ben presto oggetto di citazioni e parodie, fra cui quella realizzata da Woody Allen nel suo Amore e guerra.
Ambientato nella Svezia del XIII secolo, il film è raccontato attraverso il punto di vista del cavaliere Antonius Block, interpretato dall’attore Max von Sydow (nome d’arte di Carl Adolf von Sydow), accompagnato dal suo scettico e agnostico scudiero Jöns (Gunnar Björnstrand). Block è un nobile e valoroso guerriero rientrato in patria dopo aver combattuto nelle crociate, il cui animo è però turbato da inquietudini esistenziali e domande alle quali non riesce a dare risposta. Tema centrale della pellicola è proprio la ricerca di Dio, un Dio invisibile che pare indifferente alle suppliche dei suoi figli. Ingmar Bergman dipinge un Medioevo oscuro e violento, con un paese sconvolto dalla pestilenza e dal caos nel quale imperversano il terrore e il fanatismo religioso, come evidenziano in maniera esplicita le sequenze del corteo dei flagellanti e della ragazza bruciata sul rogo sotto l’accusa di stregoneria. La narrazione alterna sapientemente i registri del tragico e del comico, grazie alla presenza di alcuni personaggi burloneschi e di intermezzi da commedia, fino a sfiorare addirittura il limite del grottesco. Non mancano inoltre numerosi simbolismi e richiami pittorici all’arte scandinava.
Come in moltissime altre sue opere, anche qui Bergman si interroga sui complessi temi della fede e del rapporto tra Dio e l’uomo, e sulla nostra naturale paura della fine e dell’ignoto, che qui trovano una suggestiva personificazione allegorica nella Morte (Bengt Ekerot). Eppure, Il settimo sigillo non è soltanto un film sulla morte, ma è innanzittutto una profonda riflessione sulla vita e sul suo significato. E Antonius Block, incapace di risolvere i propri dubbi su Dio e sull’anima, riceverà all’improvviso la risposta che attendeva grazie all’incontro con una comune famiglia di saltimbanchi, che nella loro semplicità e nel loro spirito di comunione fraterna riusciranno a dare un senso al suo percorso umano e spirituale; al punto che, in conclusione, Block sceglierà di sacrificare se stesso per consentire agli amici di sopravvivere. Indimenticabile il finale della pellicola, con la Morte che guida la processione dei defunti lungo il pendio di un





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